L’adolescenza è la fase del ciclo di vita in cui l’individuo acquisisce le abilità e le competenze necessarie ad assumersi le responsabilità relative al futuro stato di adulto e si conclude con l’avvento di quest’ultimo. Questo periodo di transizione prevede una costante evoluzione e continue trasformazioni che spesso, dall’esterno, vengono scambiate per volubilità, instabilità, squilibrio.
I cambiamenti così repentini non sono caratteristica esclusiva dell’adolescenza. L’evoluzione somatica e psichica che caratterizza l’infanzia raggiunge ritmi particolarmente elevati, ma l’adolescente ha una aumentata consapevolezza, che lo fa diventare appunto spettatore consapevole delle mutazioni che lo riguardano e rimane quindi impegnato in un difficile processo di attribuzione di senso a quello che gli accadendo.
L’adolescente riesce sempre a sorprenderci per le capacità di infastidire le tendenze conservatrici del nostro mondo, per le potenzialità di pensiero e di azione che si possono manifestare sotto forma di grande creatività, distruttività o piattezza.
I temi evolutivi sui quali si svolge la crescita degli adolescenti e sui quali si possono eventualmente strutturare i sintomi disfunzionali, riguardano generalmente l’accettare il proprio corpo in mutazione, acquisire un ruolo e un’identità sessuale e di genere, instaurare nuove relazioni con i coetanei di entrambi i sessi, acquisire un’indipendenza emotiva dai genitori e dagli altri adulti, conquistare un ruolo sociale, un insieme di valori e motivazioni che gli consentano di costruirsi una progettualità futura.
I sintomi adolescenziali hanno un carattere instabile e discontinuo, ma frequentemente si presentano attraverso una estremizzazione dei conflitti, che si manifestano attraverso una modalità attiva (ribellione) o passiva (isolamento e ritiro). I genitori possono quindi dover affrontare momenti in cui sono travolti dalla forza con la quale si manifestano certi comportamenti e spaventati dalla loro violenza ed estraneità rispetto al carattere del figlio come lo avevano conosciuto fino a quel momento.
Questo può provocare sentimenti diversi che possono elicitare comportamenti preoccupati, permissivi, tolleranti o repressivi, conseguenti all’onda d’urto provocata dalle emozioni portate in campo dal ragazzo o dalla ragazza. Questi momenti si alternano ad altri in cui sembra che torni la serenità, momenti durante i quali si può trovare anche lo spazio per pensare a “cosa possa essere successo e perché”.
Spesso in queste situazioni può nascere nella mente del genitore l’esigenza di avere qualcuno con cui confrontarsi e capire con quali strumenti, quando presumibilmente i problemi si ripresenteranno, potrebbe aiutare più efficacemente il figlio/a ad affrontare le difficoltà che provocano sofferenza e disequilibrio.
La tendenza ad esprimere con il corpo e con l’azione contenuti non esprimibili in altro modo, è una caratteristica specifica dell’adolescenza, conseguenza della difficoltà di manifestare i propri bisogni tramite pensieri e parole.
Le manifestazioni del disagio dell’adolescente si manifestano sovente attraverso una crisi di identità, conflittualità con i genitori, disfunzioni nell’alimentazione come eccesso o rifiuto del cibo e spesso ripercussioni sul peso corporeo, difficoltà a riconoscere con chiarezza i propri obiettivi di vita, problemi scolastici, sofferenze sentimentali, isolamento rispetto al gruppo dei coetanei, disagio rispetto al proprio corpo, dubbi sulla propria identità sessuale, ossessioni, autolesionismo manifestato attraverso pensieri o veri e propri comportamenti, somatizzazioni cioè malessere fisico per cui è stato verificata, rabbia e aggressività.
I genitori sono gli attoniti spettatori di questo processo che si svolge sotto i loro occhi. Il sentimento prevalente è spesso quello di soffrire per il fatto di sentirsi impotenti nell’aiutare il figlio/a a superare le sue difficoltà o nell’alleviare perlomeno le sue sofferenze. Risulta quindi opportuno accedere ad una consulenza psicologica o valutare un percorso, che aiuti l’adolescente ad affrontare l’uscita dall’infanzia e l’ingresso nel mondo adulto con una maggiore conoscenza di sé e una maggiore sicurezza in se stesso.
Lo psicologo, in base alle peculiarità del caso, può ritenere utile un lavoro individuale con l’adolescente o consigliare una serie di incontri cui partecipano solo i genitori, oppure coordinare due interventi, al fine di aiutare il nucleo a trovare nuove modalità di relazione e comunicazione.
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