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Natura e Tecnologie digitali: quali sono gli effetti sul benessere psico-fisico dei bambini?

L’aumento esponenziale dell’uso dei media digitali nell’ultimo decennio, complice il ricorso a strumenti quali la Didattica a Distanza e lo Smartworking utilizzati per fronteggiare la recente pandemia di Covid 19, sta radicalmente cambiando il modo di vivere di tutti.

Osserviamo che anche i bambini sono sempre più degli utilizzatori autonomi di dispositivi digitali, quali ad esempio il computer, le playstation o gli smartphone per la fruizione di videogiochi. Alcuni di loro già verso la fine della scuola primaria, vengono dotati di telefono cellulare, spesso con funzioni multimediali. La tecnologia digitale è presente in modo così massiccio nella vita moderna che Prensky nel 2001, nel suo celebre articolo “Digital Natives, Digital Immigrants” formulò la nota definizione di “Nativi digitali” per descrivere i ragazzi di oggi  (coloro che fin dalla nascita sono immersi e hanno vissuto a stretto contatto con le tecnologie della comunicazione digitali quali blog , chat, messaging istantanee etc) , distinguendoli dagli adulti definiti invece “Immigranti digitali”.

Dal punto di vista dei Nativi digitali quindi la natura può sembrare meno interessante di un videogioco, della televisione o del web. Secondo lo scrittore e pedagogista Richard Louv (L’ultimo bambino nei boschi. 2006)

“questa (la natura) attiva più sensi: vedere, sentire, annusare e toccare gli ambienti esterni. Mentre i giovani trascorrono sempre meno la loro vita in un ambiente naturale, i loro sensi si restringono e questo riduce la ricchezza dell’esperienza umana”.

Rispetto allo sviluppo delle capacità cognitive, ad esempio, troviamo una recente ricerca (Plos Medicine – Agosto 2020) , effettuata su un campione di bambini in Belgio,  che ha confermato come l’intelligenza sia un fattore influenzato dal vivere in un ambiente ricco di verde: il rafforzamento del Quoziente Intellettivo è uno degli effetti positivi del crescere in spazi urbani ricchi di verde, oltre all’abbassamento dei livelli di comportamenti problematici:  su 620 bambini di età compresa tra i 10 e 15 anni, un aumento del 3% del verde del loro quartiere ha incrementato in media 2,6 punti il loro punteggio nel QI. Questo fatto è stato osservato sia nelle aree agiate sia in quelle più disagiate.

Esistevano già delle prove significative sull’effetto ‘spazi verdi’ nello sviluppo cognitivo, ma questa è la prima ricerca che esamina nello specifico il Quoziente di Intelligenza. 

Ampliando il nostro interesse ai vari aspetti della vita di un bambino nella sua globalità, ci riferiamo al report pubblicato dal Wildlifetrusts sulla relazione “Bambini e Natura” (2019), dal quale emerge come, dopo aver trascorso il  tempo in ambiente naturale il 90% dei bambini abbia riferito di aver imparato qualcosa di nuovo sul mondo naturale, il 79% si è sentito più sicuro di sé, l’84% ha riferito di essere capace di cose nuove quando ci prova e il 79%  che l’esperienza possa aiutare il proprio lavoro scolastico. Il miglioramento nel rapporto con gli insegnanti e con i compagni di classe sono altri fattori riportati dai bambini.

Nel 2018 anche la Società Italiana di Pediatria, nel suo primo documento ufficiale (74° Congresso Italiano di Pediatria, Roma 14 Giugno 2018) sull’uso di media device da parte dei bambini da 0 a 8 anni di età, sottolinea i rischi documentati di una esposizione precoce e prolungata:  disturbi del sonno, della vista, dell’udito, perdita della manualità fine, la generazione di problemi posturali, patologie della colonna vertebrale. L’utilizzo dei media ha contribuito negli ultimi anni a un aumento dei casi di obesità, conseguente alla sedentarietà, all’immobilità a cui l’uso dei dispositivi digitali costringe. 

I nuovi media rendono i bambini capaci di multitasking riducendo però la loro capacità di attenzione e aumentando la difficoltà di concentrazione e di comprensione, aumentando il rischio di sviluppare ritardi del linguaggio e disturbi cognitivi.

La situazione opposta sembra emergere da un continuo e constante contatto con l’ambiente naturale: In mezzo alla natura tutto sembra avere un proprio posto e le parole si trovano con più facilità: l’alternarsi delle stagioni, la morte di una pianta, la nascita di cuccioli. Tutto aiuta i bambini a trovare una risposta anche alle domande più profonde e più urgenti come quelle riguardanti il senso della vita.

La natura possiamo dunque considerarla il luogo di apprendimento per eccellenza. Già all’inizio del secolo scorso Maria Montessori aveva intuito il forte legame che esiste tra infanzia e natura, sintetizzandone nei suoi scritti le infinite potenzialità educative e di apprendimento.

Possiamo citare ancora un autore famoso, Jean Piaget ( un biologo ed epistemologo francese molto importante per aver descritto minuziosamente le tappe dello sviluppo del bambino dalla nascita all’età adulta) il quale, nonostante non sia uno studioso contemporaneo e al tempo dei suoi scritti la tecnologia digitale fosse ancora di là da venire,  nelle sue osservazioni conferma il fatto che un adeguato sviluppo cognitivo può essere facilitato esclusivamente dalla realtà concreta, naturale e non artificiale.

Egli scrive che il pensiero logico nei bambini emerge durante la fase detta “operativa” (età 7-11 anni). In questo stadio il bambino acquisisce certe strutture logiche che gli permettono di compiere varie operazioni mentali. Tuttavia, la loro comprensione della logica è limitata agli eventi concreti. Cioè i bambini in questa fase possono realizzare soltanto le manipolazioni mentali degli oggetti che possono vedere, toccare, sentire, avere un sapore o un odore. Il pensiero logico astratto (che emerge nello “Stadio operatorio formale”) si sviluppa a partire dai 12 anni, ma si fonda su fasi precedenti. Esso è un’evoluzione del pensiero concreto.

In altre parole, per gran parte della loro infanzia, i bambini hanno bisogno di oggetti e di eventi concreti per supportare le loro azioni mentali. Il gioco digitale invece è un’attività ludica svolta prevalentemente su un dispositivo elettronico e mediata da uno schermo che rappresenta il terreno di gioco nonché il compagno, l’avversario e il regolamento. Il digitale rappresenta una simulazione bidimensionale della realtà, manca in altre parole di concretezza, profondità e multisensorialità. 

A conferma delle ipotesi di Piaget troviamo una ricerca del 2017 (Zimmermann L, Moser A, Lee et al. The ghost in the touchscreen: Social scaffolds promote learning by toddlers. Child development) nella quale un gruppo di ricercatori aveva condotto uno studio che coinvolgeva 52 bambini di 30 e 36 mesi con lo scopo di indagare l’apprendimento attraverso le applicazioni sul tablet. In particolare si era cercato di testare l’abilità dei bambini nell’imparare come assemblare un puzzle a partire da una dimostrazione “fantasma” su un touchscreen, piuttosto che da una dimostrazione “sociale”, effettuata cioè da un adulto utilizzando pezzi tridimensionali del puzzle. Solo i bambini a cui era stato mostrato come realizzare il puzzle da un adulto sulla lavagna portarono a termine il compito con successo.

In conclusione, alla luce anche delle ricerche e degli studi sopra riportati non possiamo che affermare quanto la complessità della natura non sia riproducibile da alcun dispositivo digitale, neanche il più sofisticato. L’essere umano, nella sua globalità mente-corpo, è anch’esso un sistema altamente complesso, che ha necessità, per evolversi in modo armonico in ogni sua parte, di continue stimolazioni, interazioni e di una pluralità di sollecitazioni che non è possibile trovare in un ambiente artificiale.

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