Per un bambino iniziare o riprendere la scuola dopo l’estate non è cosa da poco; è un cambiamento che ha il suo notevole peso. Sappiamo quanto la scuola sia preziosa per lo sviluppo emotivo, cognitivo e comportamentale del bambino, dunque ben vengano gli sforzi e le fatiche che il giovanissimo si trova a compiere poiché questo impegno è una sfida evolutiva. Reagire nel migliore dei modi alle sfide che la scuola pone non passa necessariamente dall’essere felici per il cambiamento e accondiscendenti anche se spesso è quello che vorremmo noi genitori dai nostri figli.
Il bambino ha il diritto di “stentare” nell’ambientarsi e il genitore ha il compito di osservarlo, incoraggiarlo e aiutarlo fino alla sua raggiunta autonomia. Osservarlo significa saper mantenere una distanza di sicurezza corretta per rassicurarlo della nostra presenza: non troppo ravvicinata per non sostituirsi a lui, non troppo distante affinché si possa intervenire in caso di reale necessità. La scuola, materna prima, elementare dopo, è uno dei più chiari banchi di prova in grado di evocare disagi relazionali e dello sviluppo del bambino, ma occorre precisare che il solo fatto che il bambino manifesti una fragilità non è di per sé un male così grande, va anzi considerato come un segnale su cui si può intervenire, tutt’altra cosa è quando il genitore nega questa fragilità, la sminuisce o non se ne rende conto. Tra i disagi della nostra società, uno dei più comuni è quello dell’ansia che possiamo intendere, per semplificare, come una sorta di leggera paura senza apparente motivo… in questa duplice descrizione dell’ansia -lieve paura apparentemente immotivata- risiede il maggiore ostacolo dell’ansia che può cronicizzarsi e rendere impotente chi cerca di affrontarla. Tuttavia non occorre demonizzarla!
L’ansia è un campanello d’allarme intelligentissimo: non va disattivato ma ascoltato per risalire al problema che giustamente segnala. Le ansie del bambino vanno differenziate tra quelle che rimandano a un disturbo interattivo (relazionale) e quelle evolutive legate allo sviluppo e alla crescita. Quali sono dunque le manifestazioni d’ansia che si possono riconoscere nel proprio figlio e che possono acutizzarsi nell’ambiente scolastico? Di certo non c’è un’unica e chiara sintomatologia e in quanto emozione l’ansia si esprime con un linguaggio prevalentemente corporeo. Si possono avere paure specifiche eccessive (per esempio paura per il pelo degli animali, paura di un insetto specifico, paura di vomitare…) oppure preoccupazioni meno intense ma ripetutamente verbalizzate.
Così come somatizzazioni (mal di pancia o mal di testa), angoscia per gli estranei, ossessioni e interessi angosciosi, ansia di separazione, ripetuti risvegli notturni, difficoltà nell’alimentazione, eccessivi scoppi di rabbia, agitazione e comportamenti di evitamento, solo per indicare le manifestazioni più frequenti dell’ansia. A seconda dell’età del bambino l’espressione dell’ansia assume forme differenti: nei più piccoli sarà più generalizzata e con sintomi più persistenti (il bambino sembra spaventato, eccessivamente concentrato e reagisce in fretta agli stimoli), mentre i più grandicelli saranno in grado anche di parlare delle loro paure ma per queste non saranno sufficienti le rassicurazioni dei genitori, possono anche manifestare difficoltà nell’educazione all’igiene e alle normali funzioni evacuative.
Il limite oltre il quale si può dire che l’ansia del bambino è eccessiva (e dunque andrebbe consultato un professionista del settore) è quando il piccolo appare chiaramente stressato e timoroso e quando si trova a vivere con difficoltà la sua quotidianità. Cosa può fare un genitore per il figlio che presenta una sintomatologia ansiosa? Il campo d’azione è particolarmente ampio e buoni sono i risultati che si possono ottenere, ma va subito detto che se a sua volta è il genitore ad essere ansioso o stressato non c’è miglior rimedio per il figlio che quello di risolvere la situazione ansiosa del genitore. Solo così facendo rientrerà anche la situazione d’allarme manifestata dal piccolo. Nel caso invece i genitori non presentino proprie ansie o sappiano gestirle, allora la cura passa attraverso un’opportuna relazione con il figlio.
È importante capire quali siano le sue fonti d’ansia o quali gli eventi che la suscitano. È essenziale poter anticipare al bambino ciò che potrebbe provocargli ansia, iniziare a rassicurarlo con un gioco di simulazione, prepararlo a cosa gli potrà accadere e pianificare strategie di riduzione dell’ansia. Vediamo un caso pratico che può chiarire come mettere in pratica questi semplici passaggi. Facciamoci aiutare da una semplice vignetta esemplificativa in cui c’è Pierino che ha tre anni e si appresta al prelievo del sangue. Alcuni giorni prima del prelievo… Mamma: Pierino caro, la prossima settimana ti accompagnerò a fare l’esame del sangue… non sarà piacevole, io stessa quando ero piccola ero spaventata nell’andarci e provavo un po’ di dolore nel farlo… ma era un male sopportabile. Il giorno prima del prelievo… Mamma: Perché Pierino non giochiamo a fare il prelievo del sangue all’orsacchiotto così come farà l’infermiera a te domani… Vieni che spieghiamo all’orsetto che deve metterci un po’ di coraggio… Guarda, l’orsetto se la lascia fare e non si è neanche lamentato così tanto, fagli una carezza sul braccio e mettiamogli un cerotto così guarirà più in fretta. Hai visto che l’ago della siringa anche se lungo non era così terribile. Domani ci saranno anche altri bambini come te a cui faranno il prelievo. Durante il prelievo… Mamma: Se tieni il braccio morbido e fai grandi respiri sarà più semplice, io rimango qui vicino a te e ti tengo la mano… Dopo il prelievo… Mamma: Bravo Pierino! Sono orgogliosa di te… hai fatto qualche lacrima ma è normale, un po’ fa male, io alla tua età avevo pianto di più…
Questo esempio però non deve indurre nell’errore di considerare solo come fonti d’ansia gli oggetti fisici o le situazioni relazionali, per esempio per il bambino rappresentano altrettanti fonti di ansia evolutiva anche il confrontarsi con emozioni nuove come la gelosia, la competizione, il risentimento e i desideri di vendetta. Il più delle volte è appena normale per il bambino manifestare ansia verso emozioni complesse come quelle sopra citate o verso situazioni relazionali nuove, così come può essere naturale vederlo fare qualche regressione appena prima di una tappa evolutiva ma questi piccoli passi indietro rientrano in un quadro armonico dello sviluppo del bambino piuttosto che in un impedimento al proprio cammino verso una futura emancipazione. Per concludere possiamo prendere a prestito le parole dell’autore De Saint-Exupéry nel testo Il Piccolo Principe quando parla dei baobab, piante ingombranti e invadenti: ”I baobab prima di diventare grandi cominciano con l’essere piccoli. … Infatti, sul pianeta del piccolo principe ci sono, come su tutti i pianeti, le erbe buone e quelle cattive.
Di conseguenza: dei buoni semi di erbe buone e dei cattivi semi di erbe cattive. Ma i semi sono invisibili. Dormono nel segreto della terra fino a che all’uno o all’altro pigli la fantasia di risvegliarsi. Allora si stira, e sospinge da principio timidamente verso il sole un bellissimo ramoscello inoffensivo. Se si tratta di un ramoscello di ravanello o di rosaio, si può lasciarlo spuntare come vuole. Ma se si tratta di una pianta cattiva, bisogna strapparla subito, appena la si è riconosciuta. … Ora un baobab, se si arriva troppo tardi, non si riesce più a sbarazzarsene”. Giorno dopo giorno, senza false pretese, riconoscendo e insegnando a riconoscere al proprio figlio le piante di baobab, affrontando dunque l’ansia e i problemi, si riuscirà a fare qualcosa di davvero buono per il suo futuro.